SAVE OUR OCEAN - I DISSALATORI NEL MONDO

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Save Our Ocean - I Dissalatori nel Mondo


Nel Save Our Ocean di oggi proseguiamo il discorso iniziato una settimana fa qui. Se in quell'occasione avevamo spiegato che cosa sono i dissalatori, come funzionano e quali grossi problemi ne ostacolano lo sviluppo, oggi parliamo invece di come questa tecnologia si sia diffusa nel mondo e quali sono le prospettive per il futuro.

Prima di iniziare, vi ricordo che potete trovare un elenco degli articoli di questa serie, costantemente aggiornato e ordinato secondo categorie tematiche, visitando questo indice.

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l'impressionante impianto di Jebel Ali, il più grande al mondo

Dubai e Melbourne: due lati della stessa medaglia

Dubai e Melbourne non potrebbero essere geograficamente più distanti, la prima è situata negli Emirati Arabi Uniti mentre l'altra è in Australia, ma, se si parla di dissalazione, allora hanno qualcosa in comune: un impianto enorme che si occupa proprio di questo. Nel porto di Jebel Ali è infatti possibile trovare il più grande impianto di dissalazione al mondo, costato ben 13 milioni di dollari. Ma se lo scopo dell'impianto di Jebel Ali è puramente quello di ostentare lusso e garantire un futuro senza carenza di acqua, la situazione è ben diversa per quello di Wonthaggi, commissionato nel 2007 e ancora in costruzione. Questo è costato 3,5 miliardi e supererà in dimensioni quello di Jebel Ali con l'obiettivo di sconfiggere la siccità che sta flagellando la capitale australiana. Dubai e Melbourne rappresentano alla perfezione le due facce della dissalazione.

Attualmente nel mondo si riutilizzano più di 200 milioni di acqua al giorno e ci sono più di 20.000 impianti di dissalazione, due cifre che sono destinate a salire enormemente nel 2019/2020 (come vedremo). A trainare tale crescita è proprio il Medio Oriente, dove la dissalazione è aumenta del 28% e sono previsti numerosi progetti. Anche gli Stati Uniti d'America non scherzano, con una crescita del 25%. Fortunatamente, a essere dominante nel mercato globale (90%) è la tecnologia del dissalatore a osmosi inversa che, come visto settimana scorsa, produce meno acqua non salata, ma ha anche un impatto minore sull'ambiente. Lo sviluppo dei dissalatori, inoltre, non sta frenando quello del riutilizzo dell'acqua, anzi, i due metodi vengono spesso implementati insieme. Per esempio, gli Stati Uniti d'America sono anche il secondo più grande mercato del mondo per il riutilizzo dell'acqua (il primo posto è della Cina).

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Un impianto di dissalazione in Spagna

Spagna e Italia: la situazione in Europa

In Europa esistono attualmente 2352 impianti di dissalazione che, per la maggior parte (84%), usano la tecnologia dell'osmosi inversa. Solo l'8% di questi impianti hanno dimensioni consistenti, ma è proprio questa percentuale a contribuire maggiormente alla produzione di acqua non salata (69% del totale prodotto in Europa). Il paese leader nella dissalazione in Europa è la Spagna (68%) che soffre di un'enorme crisi idrica. Non a caso, sempre la Spagna è anche leader nel riutilizzo dell'acqua (e ancora una volta vediamo come queste due pratiche si muovano spesso insieme). Il resto degli impianti sono principalmente concentrati nelle nazioni mediterranee (Italia 9%, Cipro 8%, Malta 5% e Grecia 3%), ma ci sono anche alcuni piccoli impianti nelle nazioni del nord (Regno Unito, Olanda, Danimarca e Germania) che sono usati soprattutto in ambito industriale.

L'Italia è quindi il secondo paese europeo per la dissalazione (pur con uno stacco enorme dal primo) e, non a caso, la questione è al centro di una serie di discussioni politiche/ambientali. Proprio a Febbraio di quest'anno è stato firmato un decalogo per la corretta gestione degli impianti che ha lo scopo di coprire un vuoto normativo generato dalle più recenti direttive in merito all'ambiente marino. Questi i dieci punti:

  • 1 - ridurre la necessità di dissalazione azzerando le perdite nelle condotte e verificando le alternative
  • 2 - definire i requisiti di qualità dell'acqua dissalata
  • 3 - monitorare lo stato degli ecosistemi marini nelle aree interessate dai dissalatori
  • 4 - ricondizionare l'acqua prodotta
  • 5 - definire le localizzazioni idonee per le opere di presa
  • 6 - separare la salamoia del residuo di lavaggio delle membrane
  • 7 - sversare la salamoia a mezzo condotta a distanza dalla costa
  • 8 - definire le modalità di controllo del processo
  • 9 - regolamentare gli scarichi del processo di dissalazione
  • 10 - inserire, nella normativa, l'obbligo di certificazione per i dissalatori e l'indicazione di procedere ad un'analisi preventiva del rapporto costi/benefici

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L'impressionante crescita degli impianti di dissalazione

Le Prospettive per il Futuro

Dopo un decennio in cui il prezzo dei dissalatori è salito verso l'alto a causa degli alti costi, sia materiali che energetici, le recenti scoperte tecnologiche e i bandi indetti in Arabia Saudita e Abu Dhabi stanno spingendo il mercato globale dei dissalatori verso quella che sarà la più grande crescita di questo settore degli anni 2000. Solo in Europa si prospetta che, grazie alla nuova regolamentazione per l'utilizzo agricolo approvata recentemente dal Parlamento Europeo, la produzione di acqua dissalata crescerà da 3 milioni di m3 al giorno a 18 milioni m3/giorno!

La necessità di acqua potabile sta crescendo velocemente e molti paesi europei sono sempre più vicino allo stato di crisi idrica. Il rapporto europeo sulla Blue Economy afferma che, se la crescita di tale fabbisogno proseguirà sui ritmi attuali, il suo costo raggiungerà i 73,5 miliardi di euro. Tale costo però tiene conto delle attuali tecnologie e, proprio per questo, l'Europa sta investendo molto nello sviluppo degli impianti di dissalazione che usano le RES (risorse energetiche rinnovabili) con l'obiettivo di realizzare una dissalazione su larga scala che: consumi il minimo dell'energia, produca la minima quantità di rifiuti e converta la più grande quantità d'acqua possibile. Una visione forse utopica, ma che diventa ogni giorno più necessaria.


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